Michael Dixie Dickson, "Bomber Renegade, Un Soldato di Sua Maestà al Servizio dell’Ira"
Milano, Milieu, 2016, pp. 173, € 15,90
(4 Dicembre 2016)
Bomber renegade
Bontà delle edizioni Milieu, continuiamo nella full irish immersion,
con le biografie di personalità che hanno costellato la recente storia
dell’Irlanda, soprattutto del Nord, a cavallo tra il banditismo sociale e
la sovversione politica. Siamo alla seconda uscita sull’argomento per
quella che, ad ora, è una trilogia della collana Ombre rosse. Quindi,
non è finita qui.
A questo giro, la sortita è anche di tipo
multimediale: libro + cd, e le vicende sono quelle di Michael “Dixie”
Dickson, nato in Germania da una famiglia originaria del Circondario di
Glasgow, Scozia. Padre militare, protestante, e madre cattolica. Da
bambino segue gli spostamenti per ragioni di lavoro della famiglia e
anche lui si arruola nell’Esercito britannico, tanto da partecipare alla
Guerra delle Falkland, o meglio alle operazioni di stabilizzazione che
fecero seguito a quel ridicolo, quanto terribile, conflitto. Siamo negli
anni Ottanta e Dixie non è direttamente interessato alla politica. Vi
si avvicina attraverso la passione calcistica, vale a dire il tifo per
il Celtic, la squadra dei cattolici di Glasgow, una tra le più
politicizzate al mondo, per il suo appoggio alla causa irlandese, così
come alle altre cause d’indipendenza, in particolare della Palestina.
Capofila nell’Antifascismo e nell’antirazzismo, la tifoseria del Celtic
è, infatti, l’unica a potersi fregiare del gemellaggio con quella
dell’altro grande kultclub, il St. Pauli di Amburgo. In curva, Michael
sente i cori indipendentisti e vede circolare “An Phoblacht” (“La
Repubblica”), periodico del Sinn Féin, oltre ai bollettini e alle
fanzines degli irlandesi, e se ne appassiona. È un mezzosangue ma questo
non importa: la causa irlandese, come tutte quelle sinceramente
indipendentistiche, ha a che vedere con il sentimento di libertà e,
magari, come in questo caso, di classe, e non con gli etnicismi e i
razzismi. Dickson diviene così militante a tempo pieno, abbandona la
divisa di Sua Maestà ma non i precetti militari che vi ha appreso, utili
ora alla cospirazione antibritannica, ed entra in una flute marching
band, una di quelle bande musicali che accompagnano le marce
commemorative e i cortei, con quella coreografia di cui gli irlandesi
sono indiscussi maestri. Queste manifestazioni, ovunque si svolgano,
sono oggetto di tensione con i protestanti unionisti, qui definiti
giustamente fascisti, poiché animati da sentimenti imperialistici di
stampo nazionalista, aggressivo e razzista. Tutto ciò in barba a quanto,
ancora, accade in Italia, dove, in base al fatto che gli irlandesi
fossero cattolici, che avessero la croce celtica nella propria
simbologia, un tricolore simile al nostro, e che, secondo il noto
auspicio, Dio dovesse stramaledire gli inglesi, l’estrema destra
esprime, strumentalmente, sostegno alla causa indipendentista, salvo poi
intrattenere rapporti con i fascisti inglesi che considerano gli
irlandesi dei cani.
Dopo una prima fase di piazza, l’autore
dell’autobiografia entra quindi nell’Ira, vivendo l’ultima fase del
conflitto armato, quella che ha portato agli Accordi di pace tuttora in
vigore. Si mette a disposizione per compiere un attentato contro le
caserme britanniche presenti sul suolo tedesco, tentando così il gioco
di sorpresa. L’azione è portata a compimento, nel 1996, ma non fa alcuna
vittima e quindi, secondo gli obiettivi militari stabiliti, cioè
colpire i soldati britannici, fallisce. Michael Dickson è ormai in
clandestinità (Bomber renegade, attentatore clandestino, lo definiscono i
titoli dei tabloid), vive tra l’Irlanda del Nord e l’Eire, fa diversi
lavori, diventa padre ma, nel 2002, una gitarella a Praga gli è fatale.
L’arresto, la detenzione, prima nella Repubblica Ceca e poi in Germania,
e, infine, nel 2006, la scarcerazione dopo una campagna sostenuta da
varie realtà antifasciste e internazionaliste, con i tifosi del St.
Pauli in prima linea, senza quei gesti estremi di protesta carceraria
caratteristici dei decenni precedenti: i tempi erano comunque cambiati.
Oggi Dickson, ultimo prigioniero Ira scarcerato, è un libero cittadino
irlandese, ultrà attivo sul fronte politico e sociale, fiducioso nel
Processo di pace e perciò diffidente verso quei tentativi, come Real Ira
o Continuity Ira, di rilancio della lotta armata.
Il volume
presenta una sostanziosa appendice a cura di Federico De Ambrosis e
Niccolò Garufi, Un viaggio lungo la storia dell’Irlanda attraverso le
canzoni, con la spiegazione, il testo originale e la traduzione degli 11
brani folk eseguiti da Glasnevin, Conor Kelly e Gary Og, inseriti nel
cd allegato.
L’Italia è presente nei ringraziamenti dell’autore e
nei proventi del libro che andranno all’Associazione Dax, in ricordo di
Davide Cesare, assassinato a Milano dai fascisti, nella notte del 16
marzo 2003.
Giacomo Cuticchio Ensemble - Scherzo (album Quaderno di danze e battaglie dell'Opera dei Pupi Egea Records 2011 )
Stelios Petrakis - Pare me nyhta (album Orion 2008 )
Malicorne - Le branle des chevaux (album Le bestiaire 1979 )
Malicorne - La Mule (album Le bestiaire 1979
Eric Marchand - Gavotte Montagne
Bruno Cassinari Mario De Micheli Ibrahim Shaban Likmetaj Kodra - Quando il grano maturò (Canzone del 25 Aprile ) Donata Pinti ed altri - (album Noi siam nati chissà quando chissà dove Canzoni per il sessantennale della Resistenza ed. FolkClub Ethnosuoni )
Rafael Carratalá Ramos - Hijos del pueblo (Barcellona 1937 )
Filippo Buonarroti - Or che innalzato è l’albero Giovanna Marini e Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio (album E un pensier ribelle in cor ci sta ed. Valter Colle/Nota )
Pietro Gori - Inno del Primo Maggio Giovanna Marini e Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio (album E un pensier ribelle in cor ci sta ed. Valter Colle/Nota )
Loreena Mckennitt - Huron Beltane Fire Dance ( album Parallel dreams 1989 )
Beltane Border Morris' new dance for 2016 - Black Fox
La Piazza - Strambotti del Maggio ( album Milandè ed. Felmay )
Or che innalzato è l'albero
s'abbassino i tiranni,
da suoi superbi scanni
scenda la nobiltà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
L'indegno aristocratico
non osi alzar la testa;
se l'alza, allor la festa
tragica si farà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Già reso uguale e libero,
ma suddito alla legge,
è il popolo che regge,
sovrano ei sol sarà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Giuri ìmplacabil odio
ai feudi, alle corone
e sempre la nazione
libera resterà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Sul torbido Danubio
penda l'austriaca spada,
nell'itala contrada
mai più lampeggerà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
FIGLI DEL POPOLO
Figlio del popolo, ti opprimon catene
e questa ingiustizia non può seguitare,
se la tua esistenza è un mondo di pene
all'essere schiavo preferisci morire.
Questi borghesi, parecchio egoisti,
che così disprezzano l'Umanità,
spazzati via saran dagli anarchisti
al forte grido di libertà.
Ah!
Rosso stendardo, soffrire non più,
lo sfruttamento soccomberà.
Insorgi, popolo leale
al grido della rivoluzione sociale.
La rivendicazione non va chiesta;
solo l'unione la potrà esigere.
Il nostro pavese non lo spezzerai,
turpe borghese.
Vade retro!
I cuori operai che palpitano
per la nostra causa, saran felici.
Se entusiasti de uniti combattono
della vittoria la palma otterranno.
I proletari dovran trattare
la borghesia con alterigia
e combatterla anche per sfida
alla sua malvagia stupidità.
Ah!
Rosso stendardo, soffrire non più,
lo sfruttamento soccomberà.
Insorgi, popolo leale
al grido della rivoluzione sociale.
La rivendicazione non va chiesta;
solo l'unione la potrà esigere.
Il nostro pavese non lo spezzerai,
turpe borghese.
Vade retro! (traduzione Riccardo Venturi )
Vieni o Maggio t'aspettan le genti
ti salutano i liberi cuori
dolce Pasqua del lavoratori
vieni e splendi alla gloria del sol
Squilli un inno di alate speranze
al gran verde che il frutto matura
e la vasta ideal fioritura
In cui freme Il lucente avvenir
Disertate falangi dl schiavi
dai cantieri da l'arse officine
via dai campi su da le marine
tregua tregua all'eterno sudor
Innalziamo le mani incallite
e sian fascio dl forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dal tiranni de l'ozio e de l'or
giovinezza dolori ideali
primavere dal fascino arcano
verde maggio del genere umano
date al petti il coraggio e la fé
Date fiori ai ribelli caduti
collo squardo rivolto all'aurora
al gagliardo che lotta e lavora
al veggente poeta che muor
Su fratelli, su compagne,
su, venite in fitta schiera:
sulla libera bandiera
splende il sol dell'avvenir.
Nelle pene e nell'insulto
ci stringemmo in mutuo patto,
la gran causa del riscatto
niun di noi vorrà tradir.
Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.
La risaia e la miniera
ci han fiaccati ad ogni stento
come i bruti d'un armento
siam sfruttati dai signor.
I signor per cui pugnammo
ci han rubato il nostro pane,
ci han promessa una dimane:
la dima si aspetta ancor.
Il riscatto del lavoro...
L'esecrato capitale
nelle macchine ci schiaccia,
l'altrui solco queste braccia
son dannate a fecondar.
Lo strumento del lavoro
nelle mani dei redenti
spenga gli odii e fra le genti
chiami il dritto a trionfar.
Il riscatto del lavoro...
Se divisi siam canaglia,
stretti in fascio siam potenti;
sono il nerbo delle genti
quei che han braccio e che han cor.
Ogni cosa è sudor nostro,
noi disfar, rifar possiamo;
la consegna sia: sorgiamo
troppo lungo fu il dolor.
Il riscatto del lavoro...
Maledetto chi gavazza
nell'ebbrezza dei festini,
fin che i giorni un uom trascini
senza pane e senza amor.
Maledetto chi non geme
dello scempio dei fratelli,
chi di pace ne favelli
sotto il pie dell'oppressor.
Il riscatto del lavoro...
I confini scellerati
cancelliam dagli emisferi;
i nemici, gli stranieri
non son lungi ma son qui.
Guerra al regno della Guerra,
morte al regno della morte;
contro il dritto del del più forte,
forza amici, è giunto il dì.
Il riscatto del lavoro...
O sorelle di fatica
o consorti negli affanni
che ai negrieri, che ai tiranni
deste il sangue e la beltà.
Agli imbelli, ai proni al giogo
mai non splenda il vostro riso:
un esercito diviso
la vittoria non corrà.
Il riscatto del lavoro...
Se eguaglianza non è frode,
fratellanza un'ironia,
se pugnar non fu follia
per la santa libertà;
Su fratelli, su compagne,
tutti i poveri son servi:
cogli ignavi e coi protervi
il transigere è viltà.
Il riscatto del lavoro..